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BariSera

6 MAGGIO 2011

Lo stadio San Nicola (foto Saverio De Giglio)
BARI – La storia della nascita e della costruzione dello stadio “S. Nicola” assomiglia ad un piccolo miracolo politico-amministrativo. Ecco che cosa accadde.
Si parte nel gennaio dell’87, dopo il decreto del ministro dello Sport, Turismo e Spettacolo, Nicola Capria, che assegna prima 620 poi circa 900 miliardi di lire agli impianti da costruire per Italia ‘90. Si decide che la zona adatta è quella adiacente alla Provinciale che collega Bitritto a Carbonara. Non si perde tempo, perché il progetto dell’impianto deve essere consegnato entro il 12 febbraio. In una sola settimana vien fuori il nome del progettista, l’arch. Renzo Piano, che il giorno 27 manda a Bari i suoi collaboratori per il primo sopralluogo.
Nel frattempo è già polemica: i professionisti locali si ritengono offesi dalla scelta. Piano è un “grande”, tanto che ha disegnato il Centro Pompidou a Parigi, “ma anche noi – dicono – siamo in grado di fare ottime cose”. Il giorno successivo si ha la conferma ufficiale da parte dello stesso Piano, che il primo febbraio sarà a Bari per mettere a punto i dettagli. L’architetto genovese porta immediatamente a termine il progetto, ma il Coni non ci sta: pretende che il nuovo impianto abbia anche la pista d’atletica. Nasce così una scaramuccia tra Coni e Comune di Bari. Anche la Federazione Italiana di Atletica Leggera affianca il Comitato Olimpico nel pretendere la pista.
Il sindaco di Bari, Franco De Lucia, tenta allora il colpaccio rivolgendosi a Franco Carraro, allora presidente del Coni. La sua visita non sortisce effetto: Carraro conferma la richiesta, sottolineando che “nessuno ha messo in dubbio la possibilità che Bari ospiti il mondiale”. Al Comune capiscono l’antifona e fanno marcia indietro: il progetto viene regolarmente consegnato con l’impegno di completarlo al più presto con la pista d’atletica. Il che avviene puntualmente: è il 27 febbraio. Il 4 aprile il Coni approva e pochi giorni dopo vengono resi noti i finanziamenti. Bari “vince” la gara tra le dodici città impegnate per Italia ‘90: ottiene ben 55 miliardi. Un successo. Sembra la fine di un incubo, invece il bello deve ancora venire.
Intanto il sindaco De Lucia annuncia le sue dimissioni dovendo candidarsi per il Senato. In Consiglio scoppiano le polemiche: qualcuno teme che Bari perda l’ennesimo treno. Comunque, il 21 maggio è approvata dalla giunta la pubblicazione del bando di gara. Ancora una settimana ed il 28 il bando viene pubblicato. Per presentare la propria offerta le imprese hanno a disposizione ventuno giorni.
Si guarda all’imprenditoria locale, per evitare nuove polemiche. Tra le condizioni poste dal Comune la residenza nel capoluogo per le imprese partecipanti da almeno un decennio e un volume d’affari di almeno sessanta miliardi di lire nell’ultimo triennio. Si stringono i tempi e si teme che la chance sia offerta a Lecce, come minacciato dal Coni. A metà giugno scoppia il panico: la Sezione Provinciale di Controllo boccia il bando perché non conforme alla legge 584 “che rende obbligatoria la pubblicità a livello europeo per gli appalti di importo superiore ad un milione di Ecu; cioè un miliardo e trecento milioni di lire”.
A questo punto, l’amministrazione barese rivela insospettate doti di volontà e di velocità. Il 24 giugno viene rifatto il bando ed il giorno 30 viene pubblicato. Stavolta per le offerte ci sono soltanto otto giorni. Luglio ed agosto sono mesi “caldi”. L’8 luglio scade il termine per l’invio delle richieste. Si contano tredici documentazioni di imprese interessate.
E qui compare il Consorzio Stadium che in seguito si aggiudicherà i lavori. Ma in questa fase non ne fa ancora parte il gruppo Matarrese, che si presenta alla gara da solo.
Nel frattempo De Lucia è rieletto sindaco, dopo aver fallito il tentativo al Senato. Il 27 luglio viene approvata la delibera tra roventi polemiche: i comunisti votano contro ed i missini si astengono. Il consigliere “verde” abbandona l’aula in segno di protesta. Un’impresa, la Tordivalle di Roma, viene esclusa dal bando e si appella senza successo al Tar di Puglia; quindi ricorre al Consiglio di Stato. Intanto la corsa prosegue perché il 15 ottobre possano essere regolarmente aperti i cantieri, secondo le direttive della Fifa. Il 4 settembre scadono i termini per l’invio delle offerte; sei le imprese concorrenti: il Gruppo Dioguardi, la Astaldi-De Corato (Trani), la Binda-Giovanniello, la Abrusci (Acquaviva), la Grassetto (Padova). Il Consorzio Stadium, invece, rappresenta dieci imprese baresi: ora c’è Matarrese (che prima correva da solo), De Bartolomeo, Rossi, Andidero, Mazzitelli, Quadrato, Rubino, De Gennaro, Fontana e Coprola.
La commissione fissa come base dell’asta 87 miliardi di lire sui 117 complessivi previsti. Si attende a giorni l’approvazione della giunta, che viene rinviata destando qualche timore. Trapela la notizia che le condizioni offerte dal Gruppo Dioguardi sarebbero state più vantaggiose sotto il profilo economico. Ma Stadium avrebbe vinto grazie ad un maggior punteggio complessivo. Tra l’altro avrebbe presentato un programma di lavoro che prevede la consegna con ben sei mesi d’anticipo.
Il 17 settembre la giunta conferma l’assegnazione dei lavori al Consorzio Stadium. Viene approvata nella stessa riunione una variante proposta dalle dieci ditte baresi: il secondo anello dello stadio sarà costruito in cemento anziché in acciaio, come originariamente previsto dal progetto di Piano. Ciò consente una più facile manutenzione ed un piccolo risparmio sui costi, circa due miliardi in meno. Bocciato, invece, il progetto di ampliamento di altri 3.500 posti per complessivi quattro miliardi. Lo stadio costerà 82 miliardi, che diventeranno prima 117 poi 123 con quanto serve, espropri compresi.
Il Consiglio comunale si riunisce per tre giorni di seguito e soltanto al terzo approva la delibera di assegnazione dei lavori a Stadium. Dopo tanto penare, sembra la fine di un incubo; invece, arriva l’ennesima doccia fredda: il Tar di Puglia accoglie la richiesta di sospensiva della ditta Comeco di Rozzi e Montinari, esclusa dalla gara di prequalificazione. C’è un nuovo attimo di panico. L’assessore ai Lavori Pubblici, il socialista Carlo Favia, afferma “che non tutto è perduto”. Nei corridoi di Palazzo di Città si parla di un possibile affidamento dei lavori, mediante una trattativa privata, all’A.S. Bari. Presidente della società calcistica cittadina, è Vincenzo Matarrese, uno dei titolari dell’impresa facente parte di Stadium. Il 28 settembre spunta un pallido sole: il Consiglio di Stato respinge il ricorso della Tordivalle, confermando la decisione del Tar di Puglia. Il tempo stringe, ma gli ostacoli da superare sono diminuiti. E così sono proprio gli amministratori baresi che decidono di presentare ricorso al Consiglio di Stato per la sentenza del Tar, che ha accolto la richiesta di sospensiva di Rozzi-Montinari. Viene intanto reso noto che il ricorso sarà discusso a Roma il 9 ottobre. In attesa di questa data si aggiungono altri timori. Il procuratore della Repubblica del Tribunale di Bari, Domenico Zaccaria, richiede la documentazione relativa alla costruzione del nuovo stadio per “accertamenti”. E molti “borbottano” per questo intervento. Comunque, lo stesso Zaccaria smentisce che si tratti di una inchiesta.
Il 9 ottobre è un giorno storico: il Consiglio di Stato dà ragione al Comune di Bari e sblocca la situazione. Rozzi-Montinari non avevano fatto registrare i trenta miliardi di fatturato previsti per il capofila (complessivamente avrebbero dovuto essere 60) nella lettera di invito. In sostanza l’impresa risultava costituita appositamente per la costruzione dello stadio di Bari. Ad una settimana dalla data ufficiale per l’apertura del cantiere si comincia a lavorare alacremente per superare tutti i restanti cavilli burocratici.
Nessun problema, invece, per Stadium. Lo conferma il presidente, ing. Nicola De Bartolomeo: “Siamo prontissimi, aspettiamo solo il via ufficiale. Rispetteremo i tempi di consegna senza alcun problema”.
Il 12 ottobre, emulando… Colombo, il Consiglio comunale avvista la terra ferma. La delibera di affidamento dei lavori al Consorzio Stadium viene definitivamente approvata. Le polemiche non mancano: per i comunisti “l’intera vicenda è stata viziata dall’improvvisazione”; per i missini “la maggioranza di cartapesta non ha saputo unire tutta l’imprenditoria locale, facendo registrare gravi errori sotto il profilo amministrativo. E’ un miracolo che vada in porto”. Comunque, il giorno successivo ci si muove in due direzioni. La delibera approvata viene affidata alla Sezione Provinciale di Controllo con la preghiera che torni subito indietro; i rappresentanti di Stadium raggiungono un accordo di massima con Pietro Alberotanza, proprietario della maggior parte dei suoli su cui sorgerà l’impianto.
Giunge così il 15 ottobre. Alle 11 la cerimonia: il sindaco De Lucia firma il verbale di affidamento dei lavori e ad un segnale, le ruspe partono percorrendo in lungo ed in largo i 128 ettari su cui sorgerà il “megastadio”. Una folla di curiosi assiste al “via”.
La maggior parte sono tifosi del Bari.

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